INFOMAFIA: La nuova Criminalità Organizzata nell’era digitale

La trasformazione digitale e l’avanzamento tecnologico stanno modificando il volto del crimine organizzato, portando alla ribalta una nuova minaccia, l’”infomafia”. Così come l’eco-mafia è emersa sfruttando le risorse ambientali in modo illecito, l’infomafia si sviluppa sfruttando le vulnerabilità del cyberspazio, mirando a sottrarre e manipolare informazioni cruciali. Questo nuovo fenomeno criminale si delinea con caratteristiche tipiche dell’associazione mafiosa, come previsto dall’art. 416 bis del codice penale, e ne replica in parte le modalità operative adattandole all’ambiente digitale.

L’articolo 416 bis del codice penale italiano disciplina i reati di associazione di tipo mafioso, descrivendo le modalità con cui un gruppo organizzato può imporre la propria autorità attraverso minacce, violenza e l’intimidazione, al fine di influenzare ambiti economici e politici. Pur operando in un contesto virtuale, l’infomafia si conforma ai tratti distintivi di questo articolo, usando il controllo delle informazioni come arma di intimidazione e coercizione. Attraverso il furto e la manipolazione di dati, questi gruppi si impongono su aziende, individui e persino su istituzioni governative, ricattando e destabilizzando la sicurezza delle informazioni.

L’infomafia, pertanto, non si limita alla mera pirateria informatica, ma organizza le proprie operazioni con la struttura e la disciplina propria di un’associazione mafiosa. Utilizza l’intimidazione digitale per estorcere denaro o risorse, esercitando una pressione psicologica che ha effetti tangibili sul piano sociale ed economico.

Come specificato nel 416 bis, una delle caratteristiche principali delle organizzazioni mafiose è la capacità di sfruttare la forza intimidatrice del vincolo associativo, creando un clima di soggezione. L’infomafia riproduce questo schema attraverso strumenti digitali come il ransomware, che “sequestra” dati critici di un’azienda o di un ente pubblico, richiedendo un riscatto per sbloccarli. Tali attacchi possono paralizzare interi sistemi aziendali o pubblici, mettendo le vittime in una condizione di soggezione e dipendenza dagli aggressori, con ripercussioni economiche e reputazionali devastanti.

Le tecniche di ricatto e intimidazione dell’infomafia si estendono in altri vari ambiti, tra cui il furto di dati e di identità. Attraverso l’infiltrazione nei sistemi informatici, questi gruppi accedono a informazioni personali e sensibili che, una volta rubate, generano un impatto psicologico devastante sulle vittime, spaventate dalle possibili conseguenze di avere i propri dati nelle mani sbagliate. Allo stesso tempo, l’infomafia si dedica allo spionaggio e al sabotaggio aziendale: manipola o distrugge dati cruciali di specifiche aziende con l’obiettivo di causare danni diretti o di vendere informazioni strategiche a società concorrenti. Questa attività, oltre a portare guadagni economici considerevoli, consente di ampliare il controllo dell’organizzazione criminale nel mercato nero delle informazioni, rafforzando la propria posizione di potere. Infine, un altro strumento di influenza è rappresentato dalla propaganda e dalla disinformazione, utilizzate in campagne mirate per screditare aziende e personaggi pubblici. Manipolando le informazioni e orientando l’opinione pubblica, l’infomafia riesce a influenzare scelte di mercato o addirittura politiche, destabilizzando l’equilibrio sociale e rafforzando la propria rete di controllo. 

Analogamente alla struttura di un’associazione mafiosa, l’infomafia opera tramite una rete di affiliati organizzati in livelli gerarchici, che permette la divisione dei compiti e l’assegnazione di ruoli specializzati. Grazie alla protezione dell’anonimato digitale, i membri agiscono senza mai esporsi, sfruttando il dark web come luogo di commercio delle informazioni rubate e nuova frontiera dell’omertà digitale. Questo mercato nero opera come un vero e proprio sistema parallelo, in cui le informazioni rubate circolano e vengono acquistate da chiunque, come fossero merce di contrabbando. Le criptovalute, che offrono elevati livelli di anonimato, facilitano i pagamenti, rendendo le transazioni difficili da tracciare.

Attraverso questi meccanismi, l’infomafia può intessere relazioni con altre organizzazioni criminali e collaborare con criminali tradizionali per rafforzare la propria posizione di dominio. La rete di complicità, caratteristica delle associazioni mafiose, si riflette nelle alleanze strette dall’infomafia con gruppi che operano offline, creando un’ulteriore barriera alla loro identificazione e neutralizzazione.

Le caratteristiche mafiose dell’infomafia, sebbene esistano prevalentemente in rete, si traducono in minacce concrete alla sicurezza nazionale. Gli attacchi contro enti governativi e infrastrutture strategiche non mirano solo all’appropriazione di informazioni, ma possono mettere a rischio l’integrità dello Stato, minando la fiducia dei cittadini e provocando danni materiali. Anche in questo caso, l’infomafia opera secondo la logica del 416 bis, cercando di influenzare indirettamente le decisioni politiche o di alterare l’ordine pubblico, puntando a creare un clima di insicurezza e instabilità.

I recenti attacchi a grandi aziende, istituzioni pubbliche e settori critici hanno dimostrato quanto l’infrastruttura digitale sia vulnerabile a intrusioni criminali, e quanto tali minacce possano paralizzare servizi essenziali. 

Contrastare l’infomafia richiede un approccio integrato, dinamico e proattivo, che coinvolga non solo l’applicazione della legge e il rafforzamento delle misure di sicurezza informatica, ma anche una seria collaborazione tra pubblico e privato e un aggiornamento delle normative esistenti. 

È cruciale, infatti, che il fenomeno venga riconosciuto e trattato come un crimine organizzato, così come stabilito dal 416 bis.

La lotta all’infomafia è quindi una sfida che richiederà enormi sforzi congiunti, leggi aggiornate e tecnologie di sicurezza avanzate per garantire che il controllo sulle informazioni rimanga nelle mani della società e delle istituzioni democratiche.

Una battaglia in cui non sarà la tecnologia a fare la differenza, ma, come sempre, saranno le persone.

D’altronde, l’(info)mafia, citando il Giudice Giovanni Falcone, “è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni” (30 agosto 1991)

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